Ho sempre amato Facebook, la possibilità che mi ha dato di ricostruire bei rapporti, ritrovare persone con cui avevo condiviso momenti importanti ai tempi in cui rimanere in contatto non era così semplice.

Perché diciamocela tutta, è comodo dire “non servono i social per stare in contatto“, ma sappiamo benissimo che non è così. Comodità di interazione, serendipità del contatto, scambi anche involontari, dialoghi in differita. Tutto questo non può avvenire con mail o telefono.

Il mio profilo aveva anche un notevole (apparente?) successo. Tra sfoghi, racconti della mia vita accanto a un ingegnere, aneddoti della quotidianità professionale, i miei post avevano un tasso di coinvolgimento altissimo e ogni volta che aprivo l’app mi trovavo 20-30, a volte anche centinaia di notifiche da leggere.

Però mi sono resa conto che dietro il mio mondo dorato c’era qualcosa di tossico. Divido il racconto in più tempi, è una storia che merita il giusto ritmo.

La notte della rivoluzione interiore

È successo a Madrid, a Giugno del 2016. Nel cuore della notte avevo avuto un brutto litigio con mio fratello, che se ne era andato via furente e non avevo modo di rintracciarlo al telefono anche solo per lasciargli le chiavi dell’hotel.

Ero sola, seduta sul letto, piangevo preoccupata.

Ore terribili, culmine di un periodo che non brillava per serenità, anzi. Stavo affrontando alcune situazioni difficili e per l’ennesima volta mi sentivo con le spalle al muro e il pavimento che crollava tutto intorno a me, lasciandomi in bilico su una piastrella ballerina.

“Scrivo su Facebook.”

Era la cosa più naturale. Qualcosa mi divertiva? Lo pubblico! Qualcosa mi faceva incazzare? Lo pubblico! Qualcosa mi piaceva? Lo pubblico!

Era così anche per le cose negative, chi mi seguiva lo sa. Sono una persona trasparente, nel bene e nel male.

Speravo che condividendo i momenti bui mi sarei sentita coccolata dal mio enorme pubblico (spoiler: dopo la cancellazione solo pochi si sono accorti della mia assenza) e al contempo avrei aiutato qualcun altro nella medesima situazione.

Il violento scatto della consapevolezza

Innanzitutto c’era una questione di rispetto e di intimità. Perché dovevo sbandierare un momento così complesso e delicato? Ma soprattutto, le persone che leggevano avrebbero capito davvero? La loro partecipazione emotiva sarebbe stata reale o fittizia?

E ancora. Perché lo faccio?

Mi sono obbligata a rispondere ai quesiti che una Carlotta più matura stava ponendo alla Carlotta che da tempo le aveva lasciato il posto.

  • Perché lo voglio scrivere?
  • Cosa mi aspetto?
  • Cosa cerco nelle reazioni degli amici?

E poi le ultime due tremende stoccate che mi girarono lo stomaco:

  • Serve davvero a qualcosa scriverlo?
  • Perché ne sento il bisogno?

Bisogno. Porca vacca. Qui non è più uno svago, qui si tratta di un vero e proprio bisogno! Qualcosa non va. Con la stessa tachicardica reticenza con cui si getta “l’ultimo pacchetto” con due sigarette avanzate, cerco il link per l’eliminazione del profilo e procedo.

I primi tempi senza profilo Facebook

No, Madrid non era diversa e no, non ho guardato il mondo con occhi nuovi e ancora no, non mi sono “goduta di più ciò che avevo intorno“. Queste sono le cazzate che racconta chi non sa come additare i social. I social non portano via pezzi di vita, anzi, spesso la condivisione rende tutto più emozionante.

I primi giorni erano quasi kafkiani. Tiravo fuori il cellulare alla ricerca di notifiche o per pubblicare qualcosa. Poi, rendendomi conto che avevo cancellato il profilo, sentivo la stessa vertigine accompagnata da un pugno in mezzo al petto che si prova quando si abbandona una forte dipendenza. Per non parlare del risveglio, che vedeva come prima operazione un rapido check delle notifiche ancora con gli occhi gonfi e la vista annebbiata dal sonno.

E le notizie, ero quasi spaesata non sapendo dove andare a procurarmele al di là del sito dell’ANSA.

Il mio mondo nuovo, ma davvero

C’erano delle novità, soprattutto legate a un fattore che noi marketer del digitale conosciamo molto bene: la pigrizia. Facebook ti permette di avere tutto a portata di mano. News, roba comica, aggiornamenti degli amici, curiosità. Perché fare lo sforzo di andare oltre? Non serve, quindi la massa sceglie la comodità e il cervello si adegua di conseguenza.

Il mio cervello-facebook era impigrito a livelli apocalittici, tanto da costarmi enorme fatica ricostruire un flusso di informazioni in ingresso. Ma passato lo scoglio iniziale ho subito scoperto delle cose fantastiche:

  1. Se installi Pocket  o lo usi da pc e imposti i tuoi interessi, ti verranno consigliati una marea di contenuti così utili, innovativi e interessanti che non ti staccherai dalla lettura per ore!
  2. Evitare come fonti i soliti contatti, significa ampliare in modo pressoché infinito la varietà di dati e punti di vista disponibili, la capacità di critica ne guadagnerà!
  3. Su Facebook si condivide in preda all’ondata emotiva. Per questo il mondo che percepiamo dai social sembrerà sempre più catastrofico di come è realmente, prova e fammi sapere

Tutto quello che ho capito (e guadagnato) dicendo addio a Facebook

Soldi risparmiati:

Se utilizzi un software che monitora i processi che apri sul pc, io per esempio usavo ManicTime, ti accorgerai di quanto tempo butti via su Facebook. Se fai un calcolo di quanto vale una tua ora-lavoro, specialmente se non sei un dipendente, ti spaventerai riscontrando che alla fine dell’anno Facebook ti è costato MIGLIAIA di euro.

Per non parlare di quanto denaro in più sto guadagnando nel momento in cui non regalo più tempo a chiunque, in qualsiasi momento. Ora le mie giornate sono tutte focalizzate su di me e sul mio lavoro, con gioia immensa del mio conto in banca e di quello dei miei collaboratori. Ne parlerò anche nel punto successivo.

E non è vero che dal profilo personale arrivano contatti di lavoro o almeno, è vero solo in parte. Se fai un costo per acquisizione dei singoli contatti, quanto ti costa curare il profilo personale, ogni giorno a ogni ora e quanto ti costa un buon calendario editoriale sulla pagina? Per quanto mi riguarda, da quando ho cancellato il profilo (Giugno 2016) a oggi (Febbraio 2017), ho fatturato €4.000 dal profilo personale e quasi €100.000 da LinkedIn, social dove ho deciso di investire il mio tempo. Fai due conti.

Aumento della produttività:

Può sembrare un luogo comune, in realtà il motivo non è così semplice. Non è che “Facebook rende improduttivi”, è che i social network in generale sono dei generatori di interruzioni a due vie. Ci interrompono loro con le notifiche, ci interrompiamo noi per interrogarli. Il trucco è spegnere tutto e allontanare dal PC lo smartphone mentre si porta a termine un’operazione. E se dobbiamo contattare il cliente o il collega, meglio farlo alla fine del processo operativo, se non è proprio necessario.

Adesso le mie ore sono tutte ben sfruttate. Ogni momento ha il suo senso. La mattina leggo tanti contenuti da Pocket che mi aiutano a migliorare come persona e come professionista. Oppure scrivo. Oppure metto ordine alla mente riordinando l’ambiente intorno a me.

Quando il cervello mi suggerisce che è ora di staccare completamente, allora mi guardo una serie TV in streaming o mi intrattengo con contenuti comici. Roba che intrattiene davvero, non per finta come lo stream di Facebook!

Qualità della vita e delle interazioni:

Piaccia o no, le persone con cui interagiamo hanno un peso, anche se sono perfetti sconosciuti. Avere attorno sempre le stesse persone significa lasciare sedimentare idee, punti di vista, opinioni. Significa anche vedere come autorevoli persone che non lo sono, ma che lo sono per quei venti o trenta individui del “nostro giro” e di conseguenza ottengono una fiducia ben superiore a quella meritata.

E ancora. Alla gente non importa nulla dei nostri successi, anzi. Con o senza cattiveria, le persone non gioiscono davvero dei successi altrui, per quanto si sforzino di darlo a vedere. Quindi perché sprecare tempo nel condividere qualcosa che non farà altro che aizzare invidia? Non ha proprio senso. Inoltre, a distanza di quasi un anno ti posso garantire che delle 1.300 persone che seguivano i miei aggiornamenti, solo pochissime si sono accorte che non esisto più. Questo è il lato più squallido della vicenda.

Da quando ho abbandonato il solito giro di persone e colleghi, ho scoperto che c’è davvero tanto oltre la soglia della nostra comfort zone. I professionisti bravi (sul serio!) che fatturano milioni di euro non hanno davvero il tempo di fare i fenomeni sui social.

I professionisti con le palle quadrate amano di più i colleghi che non chiedono il selfie d’ordinanza a pranzo o a cena, perché le persone non sono trofei da sventolare e non amano sentirsi tali.

Qualità del lavoro:

Questo è il giusto completamento dei punti precedenti e per me rimane una delle cose più importanti. Da quando ho chiuso quella caciara cacofonica che è Facebook, nel mio nuovo silenzio ho ascoltato di più me stessa e ho alzato il volume alla voce delle persone che contano. Questo mi ha permesso di fare un salto di qualità a dir poco spaventoso nella professione. Ho imparato a leggere ancora di più i contenuti d’oltre oceano, mi sono messa in discussione, ho creato qualcosa di solido e performante.

Quando lavoro, lavoro. In azienda abbiamo adottato OnlyOffice per monitorare il tempo speso su ogni task, questo ci aiuta a capire davvero quante ore investiamo sui singoli clienti e quanto ogni progetto effettivamente pesa sul totale dell’anno lavorativo. Outlook deve rimanere tassativamente chiuso durante il singolo task. Nessuna notifica, nessuna distrazione.

All’epoca di Facebook era impossibile fare questo conteggio, perché ogni attività era sempre  interrotta da mille notifiche. Ma non è colpa del social in sé, è proprio la forma mentis che adottiamo nell’utilizzarlo che cambia radicalmente l’approccio!

Ora ho tempo, tanto tempo. Tempo per scrivere, tempo per ragionare, tempo per parlare con i clienti, tempo per costruire nuovi modelli che facilitano il lavoro a me e ai collaboratori.

Ora ho davvero tanto da investire e tanto da dare. Sapessi quante volte i potenziali clienti mi ringraziano perché mi sono presa del tempo (sì, la ripeto ancora questa parola fondamentale!) per parlare con loro, per scrivere le proposte di collaborazione. Dei nostri preventivi, solo pochissimi non vanno a buon fine e quelli che si fermano sono o rifiutati da noi in fase successiva, o legati a scarsa capacità economica del cliente. Il tasso di successo è altissimo.

Un consiglio per te

Se mi segui sai che mi sgolo a forza di dire che le ricette magiche non esistono e ogni situazione fa caso a sé.

Non va bene per chiunque, ma per me ha funzionato e non posso che sentirmi di consigliarlo. Ho investito 2 ore del mio tempo stamattina per scrivere questo articolo, mi piacerebbe che fosse utile anche per chi può beneficiarne allo stesso modo. Ecco una bella forma di condivisione, di quella vera, che porta qualcosa di concreto.

Quindi ti invito prima a riflettere sulle mie parole. Non farlo davanti al pc. Esci, fai un giro oppure fatti una doccia, a me le idee migliori vengono lì. Non parlarne con gli altri, tieni le tue riflessioni per te. Inizia questo esercizio di introspezione e intimità. Magari prova a sospendere il profilo, stando senza per almeno un mesetto, che credimi all’inizio sembra una vita.

Poi trai le tue conclusioni. E… condividi con me (e con chi ami davvero) il risultato dell’esperiemento.

Aspetto tue notizie! :)