Sono di ritorno da una consulenza di digital branding e a caldo voglio scrivere questo approfondimento di vitale importanza per chi vuole ritoccare i prezzi del proprio prodotto/servizio. Per la terza volta in tre giorni, ho dovuto fare desistere un imprenditore dal ritoccare al ribasso il tariffario, scelta che avrebbe letteralmente distrutto tutto l’investimento e la fatica fatti finora per ottenere un fatturato superiore ai 2 milioni di euro.

Ma andiamo con ordine

L’era degli sconti fittizi e le sue conseguenze

C’è una tendenza in giro, non so se l’hai notata anche tu, che porta i negozi a posizionarsi con una nuova modalità che mi piace chiamare “a sconto perenne”. Fai attenzione specialmente a quelle grosse catene di casalinghi che stanno aprendo in molte città italiane (non faccio nomi perché non voglio trovarmi la lettera di un avvocato sulla scrivania), o alle applicazioni aggregatrici di offerte e coupon.

Tutto il pricing è basato su uno sconto fittizio, che ti porta a percepire come pesantemente ribassato (uno sconto medio dichiarato del 70%, in genere) un prezzo che sei ci ragioni a mente fredda sarebbe del tutto fuori luogo per il prodotto in questione.

 

Così entri in un punto vendita che odora di plastica tossica, dove un mestolo scontato costa 2.50€, partendo da un prezzo iniziale anche di €8.50, che forse non trovi nemmeno sui listini Scavolini.

Oppure scorri l’applicazione – dichiaratamente cinese perché i pacchi arrivano da Hong Kong dopo 2-3 mesi di viaggio – e trovi un portapenne a 3€ il quale prezzo pieno era dichiarato a 50€. Sì, stanno esagerando.
Peggio ancora, compri un coupon da 125€ che è valido per un soggiorno di due giorni in Trentino con cena, salvo poi scoprire che puoi usarlo dal lunedì al giovedì, che ti mettono a dormire in una stanza fatiscente, ti danno da mangiare meno che agli altri clienti e qualsiasi cosa chiedi te la fanno pagare come extra.

Il consumatore è pigro e stupido, ma fino a un certo punto

I siti di coupon stanno miseramente fallendo, tutti. Le app aggregatrici di prodotti scontati cinesi stanno cambiando l’interfaccia e gonfiando sempre più i prezzi. Quando si inizieranno a rompere i mestoli da 8.50€ insieme agli elettrodomestici quasi giocattolo venduti negli stessi punti vendita a prezzi sconcertanti, le recensioni negative inizieranno a fioccare e i conti a tendere verso il rosso.

Ti sei mai chiesto perché?

Il consumatore si lascia infinocchiare, è vero. Ma ha una buona memoria involontaria quando si tratta di percezione. E qui entra in gioco il posizionamento inteso come la collocazione che ha la marca nella mente dell’acquirente.

La concorrenza di prezzo e i saldi non sono una strategia vincente (nemmeno online)

Quando il consumatore viene abituato a comprare ai saldi, o in presenza di un forte ribasso seppur saltuario, scatteranno in automatico dei meccanismi che causeranno questo effetto a catena:

  1. È consapevole che prima o poi ci sarà una liquidazione, una vendita promozionale, un coupon o un ribasso, che attenderà evitando accuratamente l’acquisto a prezzo pieno
  2. È abituato ad associare a quel prodotto/servizio il prezzo più basso visto sul cartellino, quindi inconsciamente scatterà un meccanismo mentale che gli farà pensare che sia quello il valore effettivo della merce e che il prezzo normale abbia un ricarico esagerato rispetto al valore da lui ritenuto reale
  3. Quando il negozio rimarrà inevitabilmente strozzato dai margini ridicoli causati dall’abuso degli sconti e conseguente assuefazione dell’acquirente ad essi, non ci sarà più modo di tornare ai prezzi iniziali, per i motivi elencati nei due punti precedenti
  4. L’attività, involontariamente riposizionata al ribasso, sarà costretta a chiudere, perché all’apparente ricavo portato dalle vendite a breve-medio termine, seguirà il calo fisiologico, inadeguato a coprire i costi di gestione

Quindi come si struttura una politica di pricing appetibile e sostenibile nel lungo periodo?

Coerenza.

Se ti posizioni con un prodotto/servizio di fascia alta, per un target alto, fai in modo di non tradirlo mai, perché abbassando improvvisamente il prezzo le persone non si sentono più identificate con il brand e smettono di comprare.

Se domani una Lamborghini venisse venduta al prezzo di una Panda, non solo non la comprerebbe il segmento di pubblico medio-basso a causa dei suoi altissimi costi di mantenimento, ma chi la acquistava (anche) per soddisfare il suo bisogno di affermazione sociale si sentirebbe deriso e tradito. Era un bene per pochi, se diventa per molti non ha più lo stesso valore. Inoltre Lamborghini chiuderebbe il giorno successivo perché penso che con 11.000€ ci si ripaghi appena la coppia di sedili anteriori.

Strategia.

Il pricing è una delle questioni più delicate in fase di branding o rebranding.

Il prezzo deve essere coerente con il prodotto/servizio, con il target, ma deve al contempo garantire un utile in linea con gli obiettivi aziendali!

Una volta deciso, non si può più né alzare né abbassare. No, non lo puoi nemmeno alzare, hai capito bene. Perché se tu parti dando valore 10 a ciò che vendi “perché così sono allettati dal prezzo basso e mi conoscono”, domani non riuscirai a convincere lo stesso mercato che in realtà quel brand vale molto di più, giustificandone il prezzo reale.

Upselling

Questa parola magica. Hai presente quando sei all’IKEA in fila alle casse e sei letteralmente accerchiato/a da prodotti in promozione perché fallati, mobili scontati perché tolti dalle esposizioni, orsacchiotti da 0,99€, biscotti da 0,99€, cibi di ogni tipo assaggiati al piano superiore e via dicendo?

Questo è upselling.

Fino all’ultimo, finché non te ne vai esasperato dal mio centro commerciale (o dal mio sito web) mettendo nel carrello quella cosina da pochi euro o quel barattolo di deliziose cipolle fritte con cui ti ho tentato al ristorante solo due ore prima. E no, non perde posizionamento.

Perché i mobili dell’angolo delle occasioni o i piatti fallati non faranno MAI concorrenza di prezzo ai mobili nuovi e ai piatti perfetti. Perché quando IKEA fa sconti, sono solo su pochissimi prodotti e la roba davvero utile col cavolo che te la regala. Ma intanto ti rifila quello che non compreresti mai. E quando stai per uscire, prima sulla destra ti vende un hot dog a €1,50 e poi ti giri a sinistra dove finalmente ti regala qualcosa: le viti in esubero, che non ti venderebbe mai normalmente e che altrimenti costituirebbero solo costi di smaltimento.

Hai presente quando sei su un sito e trovi tre piani disponibili tra cui scegliere per comprare un servizio in abbonamento? E poi alla fine nella pagina di checkout ti viene chiesto se per caso – ma solo per caso eh – vuoi anche quel piccolo plus da pochi centesimi? E magari se ti deve arrivare un prodotto a casa, nel pacco trovi pure un carnet di buoni sconto per il prossimo acquisto. Sempre e solo upselling.

Se non puoi vendere a meno, vendi di più!

 

Ok, non puoi vendere a meno, d’accordo? La hai capita vero? Non mi deludere!