Botticelli ed Employer Branding?! Alessandro, Carlotta, ma che vi salta per la testa?
L’associazione è venuta ad Alessandro Durello, founder di SocialRecruitment.it, che la spiega così: “fare Employer Branding non necessita solo di una visione legata al mondo delle HR, ma comporta l’utilizzo di competenze di marketing e comunicazione. Questo è ciò che rende l’Employer Branding un concetto strabico per definizione, con un’accezione positiva, però, che stuzzica le leve di awareness di un marchio, partendo dal basso, da chi quel marchio lo fa vivere tutti i giorni dalle 9 alle 18, straordinari esclusi”
Per questo motivo abbiamo deciso di scrivere un articolo da due punti di vista così lontani, ma al contempo vicini, come quello di una Digital Branding Strategist e di un esperto di Risorse Umane, nonché di social recruitment, la modalità di ricerca personale del futuro.
Puoi leggere qui le mie risposte in chiave Digital Branding e quelle di Alessandro nel suo sito in chiave di Founder di socialrecruiter.it e Head of Social & Social Selling in A.B.T.G. S.p.A.
Buona lettura, c’è tanto da imparare!
1. Chi sei? Presentati ai lettori dell’altro (strabismo puro)… Dammi 3 parole…
A: Alessandro Durello, Founder di socialrecruiter.it e Head of Social & Social Selling in A.B.T.G. S.p.A; per le tre parole direi: Coerenza, Crescita, Cost Saving. Puoi trovare le mie risposte qui nel mio sito ufficiale.
2. Cos’è per te l’Employer Branding?
C: Quando leggo un annuncio di lavoro in cui l’azienda chiede un ingegnere lavapiatti esperto in potatura delle siepi e sviluppo software, la mia idea di quell’azienda è che non abbia rispetto per la professionalità e di conseguenza si tratti di una specie di tritacarne gigante che immette gente a caso per generare un prodotto/servizio dalla dubbia solidità strutturale. Questo è l’effetto diretto dell’Employer Branding.
Se poi a questo atteggiamento uniamo una netta mancanza di coerenza, per esempio nel tono di voce con cui parla l’azienda, i problemi si fanno seri. Immagina un annuncio di lavoro per un importante studio notarile e un altro per il personale di Disneyland. Ecco, ora prova a scambiare le due linee comunicative. Cosa ne viene fuori? Una coltellata al cuore del cliente target.
3. Perché ritieni che sia importante per l’azienda utilizzare l’Employer Branding?
C: Hai presente Luxottica? Tutto il brusio digitale attorno allo squisito trattamento del personale, al mantenimento dei figli in caso di morte del dipendente, ecc..? Vero o meno, dal di fuori genera una percezione altissima dell’azienda stessa. Trattare le persone come esseri umani e non come macchine è un valore chiave che accende la fiducia anche nel consumatore.
In seconda battuta, c’è tutto un contesto di vero e proprio branding legato allo stile comunicativo. Se leggendo un annuncio di lavoro io penso “questo è sicuramente un annuncio di lavoro dell’azienda X!”, significa che il brand manager sta facendo un ottimo lavoro.
4. Quali sono, invece, i fattori che potrebbero essere a vantaggio delle risorse coinvolte?
C: Posto che sia vero, che quindi non venga tradita la fiducia della risorsa coinvolta, lavorare per un’azienda che dà valore alla persona porta automaticamente all’accensione di uno dei capisaldi della persuasione, come insegna Cialdini. Il principio della reciprocità. Se tu mi dai qualcosa, io mi sento in dovere di ricambiare. Mi tratti bene, lavoro bene. Mi tratti male, il minimo è che ti sputo nel caffè quando mi chiedi di portartelo.
Avere una coerenza di brand anche nelle HR porta le risorse umane a sbagliare molto meno. Un’identità coerente è un’identità riconoscibile e quindi più difficilmente intaccabile da errori.
5. Quali sono i cinque step da cui partiresti per sviluppare un progetto di Employer Branding in un’azienda?
C: Identificare il target e quali valori del brand apprezza maggiormente a livello di HR. Estrapolarli e rivolgerli nella comunicazione di recruiting in consonanza con la brand identity. Veicolare il tutto online (hai presente la risonanza mediatica avuta dal mio annuncio di lavoro? Ecco, non era voluta, ma così è stato). Fare storytelling di tutto il percorso di recruiting. Non tradire mai la fiducia ricevuta, sia verso i dipendenti che verso il potenziale acquirente.
6. Se dovessi citare l’esempio di un progetto di Employer Branding ben fatto quale consiglieresti e perché?
C: A parte tutta la case history Luxottica che è degna di lode, ti direi il mio. Perché è stato involontario e quindi ancora più genuino. Mi sono stupita del fatto che a distanza di un mese ho scoperto che una grossissima azienda, con milioni di euro di fatturato, ha preso sia il mio annuncio di lavoro, che il successivo cazziatone come esempio. Ha stravolto tutta la comunicazione di HR sulla falsariga del mio articolo. È stata una cosa veramente gratificante, anche sapendo l’effetto che ha avuto sulla percezione del mio personal branding. Ho ricevuto tantissimi feedback, tra cui lettere lunghissime di persone in cerca di lavoro che si congratulavano per ciò che ho scritto. Lo racconterò in un post, più avanti.
7. Hai qualche tool accattivante, di quelli nuovi, un po’ underground che fanno figo da consigliare?
C: Questa la lascio ad Alessandro, che è esperto di HR, io uso solo i libri che leggo, il mio cervello e Asana per coordinare il mio team ☺
Ma visto che non gli è piaciuta questa mia prima risposta (vai a leggere le cosacce che mi dice nella sua intervista), rilancio citando molti strumenti del mio settore, ma sfortunatamente sono tutti.. a metà! Per esempio c’è SocialMention, ma sonda solo Twitter. C’è Brand24 che è una figata… ma non comprende LinkedIn nelle sue analisi (vergognoso). Insomma, non posso – come si suol dire in gergo – endorsare nessuno. Forse Mention, che è molto completo, ma lo devo ancora testare. Dopo la delusione di Brand24 non mi sono ancora ripresa. Per tutto il resto ti direi che c’è TheFool, ma stiamo parlando di budget completamente diversi.
8. Visto che la domanda sul libro è la norma, ti chiederei un libro, un film e un sito da consigliare?
C: Sull’employer branding? Lascio la palla ad Alessandro. Io posso consigliare a questo punto di leggere “Le Armi della persuasione” di Cialdini, una base di psicologia per comprendere ciò che arriva dopo. Un sito? Più che un sito consiglio di seguire gli aggiornamenti di HR evoluti come Alessandro direttamente da LinkedIn. Consiglio di guardare Secret Life of Walter Mitty, dove il ruolo del personale è un punto cardine della storia, ma non dico altro sennò spoilero.
9. Dimmi una cosa sull’Employer Branding che nessuno conosce…
C: Penso che nessuno conosca proprio il potere del Branding in sé, figuriamoci quello dell’Employer Branding!
10. Quali credi siano gli scenari evolutivi possibili per il futuro dell’Employer Branding?
C: Decreterà il futuro. La morte del CV in formato europeo (si spera), l’aggiornamento di quei farraginosi scatoloni che sono le agenzie interinali… e forse un ritorno alla meritocrazia. Sia dell’azienda che del dipendente.
Per quanto riguarda il lato puramente del mio settore (Digital Branding), sto aspettando con gli occhioni luccicanti il momento in cui le aziende non ancora mie clienti si renderanno conto che se c’è una mazzata all’altezza del ginocchio nella comunicazione digitale, è proprio quella che arriva quando pubblicano annunci di lavoro.
Aziende brillanti, rinomate, che mi cadono in annunci di lavoro che sembrano scritti nel 1975 e dimostrano chiaramente di essere stati redatti da una persona che NON sa quale tipo di competenza sta cercando nella risorsa. Una figuraccia. E poi, visto che tanti annunci di lavoro diventano virali, non solo il mio, ma anche quello di KIR di qualche tempo fa… perché non approfittarne per fare bella figura a livello internazionale?
11. Che hashtag e quote faresti per sponsorizzare la prima campagna di Employer Branding?
C: #brandYourHR ☺